Progetto ArcheoCHIMICA 2022

Conoscere un bene culturale implica, non solo il riconoscimento di un dato valore storico-artistico, ma anche la necessità di caratterizzare la materia di cui è costituito e la tecnica di esecuzione con indagini scientifiche che si fondano principalmente su principi della chimica e della fisica.

Le informazioni di carattere conoscitivo, quali la caratterizzazione chimica e fisica dei materiali costituenti l’oggetto, l’analisi di autenticità o attribuzione, gli studi di datazione e di provenienza, la caratterizzazione chimica e fisica dei fenomeni e dei processi di degrado, le analisi dei meccanismi e delle cause di deterioramento, dei materiali estranei agli originali derivanti da precedenti restauri, lo studio dei prodotti per il restauro e i test di efficacia dei metodi si ottengono in modo scientifico e si basano sulla risposta del materiale in esame ad una sollecitazione di natura chimica o fisica, nonché sulla complementarietà delle metodologie impiegate, che devono soggiacere all’esigenza di danneggiare il meno possibile il manufatto o, se possibile, di interagire in modo del tutto non invasivo e non distruttivo.

La chimica analitica, in passato, richiedeva campioni di dimensioni eccessive, i suoi metodi non erano sufficientemente sensibili e le sue conoscenze sulle matrici archeologiche scarse. Oggi e in prospettiva, essa è in grado di analizzare campioni sempre più piccoli e analiti a concentrazione sempre più bassa, e ha sviluppato una maggiore sensibilità sul problema delle matrici e sui criteri generali per tener conto dei loro effetti. Questo si riflette in una maggiore rispondenza alle esigenze dell’archeologia, sia perché i campioni richiesti sono di dimensioni talmente ridotte da rendere il loro prelievo praticamente non-distruttivo, sia perché gli analiti in tracce vanno assumendo un preponderante significato diagnostico.

Grazie al potenziamento della strumentazione del laboratorio di analisi chimica strumentale, ora i nostri studenti possono contare sulla disponibilità di un nuovo spettrofotometro a emissione ottica accoppiato induttivamente (ICP-OES), indispensabile alla formazione di ragazzi che devono avere solide competenze specifiche direttamente spendibili nel mondo del lavoro.

Lo strumento è in grado di misurare la luce (emissione ottica) prodotta da un campione liquido quando introdotto in un plasma di gas argon, accoppiato induttivamente. Attraverso questo meccanismo è possibile quantificare i metalli contenuti nel campione misurandone, per ognuno, l’intensità della luce emessa, con specifico banco ottico (sistema di specchi, lenti e reticoli).

L’ICP-OES permette di determinare i metalli in concentrazioni molto variabili ed in molteplici matrici, motivo per i quali risulta oggi la tecnica più versatile per la determinazione dei metalli anche nelle acque, nei terreni, nei sedimenti o anche negli alimenti e nei prodotti petroliferi.